Il pianeta-vino, un mondo da esplorare.
Il diario dei nostri viaggi, gli incontri con i produttori.
VIAGGI & INCONTRI
TACCUINO
TINTILIA MOLISE 2008
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Racchiuso tra consolidate realtà vinicole, il Molise oggi riscatta il valore del suo territorio attraverso la tenacia e il lavoro di alcuni produttori che da qualche decennio si battono per il recupero di un vitigno autoctono: la Tintilia.
In un paesaggio dai colori tenui scaldati da quei toni di marrone bruciato, rosso, arancio e giallo ocra che solo la stagione autunnale sa offrire, tra personaggi che, corrosi dalla terra e dal lavoro e passati tra le maglie fitte della guerra, regalano saggezza con antichi proverbi, ritroviamo il sapore di un territorio dimenticato in un vino rustico ed elegante allo stesso tempo.
La Tintilia, vitigno che erroneamente viene associato al Bovale Comune o Sardo, ma che dopo un'analisi del dna reclama la propria autonomia, è un vino dal colore carico rosso rubino con nuance purpuree e profumi intensi di mirtilli e liquirizia dolce. Il suo gusto è decisamente asciutto con buona freschezza e alcolicità.
Cantine Cipressi
San Felice Del Molise (CB)
Ci accoglie con grande disponibilità e cortesia Claudio Cipressi la cui passione per la viticoltura gli è stata ereditata dal padre e dal nonno che in particolare diede vita all'azienda a partire dagli anni '30 con la produzione di vino da uve Montepulciano, Trebbiano e Tintilia. Oggi, dei 16 ettari di proprietà, 5 sono dedicati alla Tintilia e i vigneti argilloso-calcarei posti a circa 500 metri s.l.m., ci regalano un Macchiarossa dai profumi inebrianti, di ottima realizzazione, e che ottiene ripetuti riconoscienti. Nella cantina costruita nel 2001 attrezzata con moderna tecnologia, assaggiamo mosto fermentato e vino in affinamento; la nostra visita continua poi tra i filari resi ormai spogli dalla recente vendemmia e dove solo pochi "rastaruoli" (chiamati in dialetto i grappoli rimasti in pianta) fanno capolino tra foglie e tralci.
Suggestiva e consigliata questa visita in un sito posto ai piedi degli Appennini e da dove in giornate limpide è possibile scorgere le isole Tremiti.
Catabbo
San Martino in Pensilis (CB)
Incontriamo qui Vincenzo Catabbo personaggio carismatico che nel 1990 realizza il suo sogno di produttore di vino. Ma il giro in cantina e in vigna lo facciamo accompagnati dalla esuberante figlia Sara, un vulcano di simpatia che sprizza passione per il vino come il padre. La cantina è moderna, attrezzata con tutte le più nuove tecnologie per lavorare al meglio ciò che in vigna è stato accuratamente coltivato. I terreni posti a circa 300 m s.l.m. che guardano le Tremiti da una parte e i Monti della Maiella dall'altra, sono vocati per la coltivazione dell'uva, e questa azienda dinamica è madre di vini che riscuotono successo non solo in Italia ma anche all'estero.
Angelo D'Uva Vignaiolo in Larino
Larino (CB)
Anche questa azienda ha origini non troppo moderne; infatti la sua nascita risale agli anni '40 grazie ad Angelo D'Uva che ha tramandato la sua passione per la terra, la tradizione e il vino, prima al figlio e poi al nipote che porta il suo stesso nome. Angelo D'Uva nipote ci accompagna per una cantina elegante, modernissima, ideata e costruita di recente con lo scopo di valorizzare i prodotti della terra alla quale la famiglia D'Uva è particolarmente ancorata. La passione di Angelo si manifesta anche in una loquacità fuori dal comune; ci coinvolge e avvince con storie antiche e progetti futuri che sfociano anche in un agriturismo in espansione dove è possibile assaggiare tra le altre cose, gnocchi fatti in casa con verdure di campo da leccarsi i baffi!
Un po' di enografia
Per tanto tempo questa regione è stata considerata un tutt'uno con l'Abruzzo, anche se le caratteristiche della produzione sono molto diverse. Qui si produce di meno e nonostante ci si trovi al centro della penisola esistono condizioni climatiche e temperature più vicine a quelle del Trentino che della Puglia.
La doc Molise non racchiude tutta la regione ma solo le due aree che dànno vino, quindi la zona
di Campobasso fino al mare e l'area di Isernia. In effetti queste due aree coincidono con le DOC
preesistenti, la Pentro d'Isernia o Pentro all'interno e la Biferno verso il mare.
I vitigni principali sono sempre quelli riconducibili alle altre regioni del Centro Italia, cioè Montepulciano, Trebbiano, Sangiovese.
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Come arrivare:
Da Roma, percorrere la A1 e uscire al casello S.Vittore; proseguire per Venafro, Campobasso, Larino.
Da Napoli, percorrere la A1 e uscire al casello Caianello; proseguire per Benevento, Campobasso, Larino.
Arrivando dalla A14, uscire al casello di Termoli e seguire le indicazioni per Larino, strada statale 87.
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Dove alloggiare:
B&B "I Dolci Grappoli"
Larino (CB) C.da Ricupo, 13
Tel: 0874.822.320
Fax: 0874.822.492
www.idolcigrappoli.it
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Dove pranzare:
Ristorante Z'BASS
Via Oberdan, 8
86039 Termoli CB
Tel. 0875706703
Segnalato da Massimo Sala
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La Gastronomia molisana
La Pampanella
fonte © www.ilmaiale.it
Ingredienti:
Un filetto di maiale con le costatelle, "pepone" in abbondanza, "diavolillo" a piacere, aceto di vino bianco q.b., 2 o 3 spicchi di aglio, sale q.b.
Preparazione
Tagliate la carne, lasciando le costatelle attaccate alla polpa, quindi preparate un intingolo impastando pepone (peperone rosso dolce fatto essiccare al sole, infornato e macinato finemente) spicchi di aglio tritati o schiacciati ed un buon pizzico di "diavolillo" e l'aceto.
Passate i pezzi di carne, ad uno ad uno, in questo impasto, facendo in modo che ne siano interamente ricoperti ed infornateli per più di un'ora, dopo averli sistemati in un ruoto.
A metà cottura, salate moderatamente la carne, spruzzatela di aceto, copritela con un foglio di carta argentata - una volta si usava quella paglia, cioè quella gialla - e terminate la cottura.
La "pampanella" è ottima sia calda che fredda.
NOTE:
Oggi è diventato frequente, ad opera di chi prepara la "pampanella" per venderla, l'uso di far lessare la carne prima di infornarla, onde evitare che il grasso possa sciogliersi troppo al calore del forno e le porzioni "sfreddare" oltre il conveniente. Il nostro consiglio è, naturalmente, quello di condire la "pampanella" con la pazienza di un'accurata manipolazione e con il rispetto dell'originaria preparazione nella quale non va dimenticato il contorno dei "fegatazzi", sottili pezzi di salsiccia di fegato che per i robusti Sammartinesi hanno ancora oggi il nome e la funzione di "passatiempe", cioè compagni di gusto e di bicchiere.
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Tintilia: chi era costei?
Si dice che un vitigno è autoctono, o meglio, può essere iscritto nel Registro delle Varietà di Vite quando risponde a quattro requisiti:
- viene coltivato sul territorio da oltre 50 anni
- ha diffusione regionale
- il suo nome riveste carattere storico
- le sue caratteristiche agronomiche sono il risultato di un adattamento alle condizioni pedoclimatiche della zona stessa.
La Tintilia ha avuto questo riconoscimento nel 2002.
Benché il suo nome sia ancora legato al Bovale Sardo o Bovale Grande come suo sinonimo (così è scritto sull’Albo Nazionale dei Vitigni), da pochissimi anni, parliamo dell’inizio degli anni '80, dopo attenti studi su germoplasma e dna, la Tintilia reclama la sua totale autonomia: si è riscontrato cioè che nulla ha a che fare con il vitigno Bovale.
La Tintilia in realtà è originaria della parte centro settentrionale della Spagna (“vino Tinto”), così denominata per sottolineare il colore rosso profondo. Introdotto nel Molise attorno alla fine del 1700 in epoca napoleonica, quando gli scambi commerciali con la Francia erano più intensi, fu impiantato nell’entroterra nella parte collinare tra i 250 e i 600m slm.
Recenti ricerche hanno portato alla luce un antico documento datato 1810 dove è menzionata per la prima volta la "Tintilia" o "Tintiglia", ed è stata rinvenuta una pubblicazione sul Bollettino Ampelografico datata 1884, a seguito di un censimento promosso dal Ministero dell’Agricoltura, in cui risultava che la Tintilia era il vitigno più diffuso in Molise, specialmente nelle zone interne (Casacalenda, Campobasso, Castellone al Volturno, Bagnoli del Trigno, Carpinone, Castropignano, ecc).
Le altre varietà presenti sul territorio molisano erano in quell'epoca Bombino nero, Aglianico, Aleatico, Gaglioppo, Malvasia nera, Montepulciano, Canino e Zagarese, mentre per le uve a bacca bianca Bombino bianco, Malvasia lunga, Monsonico, Greco, Morese, Moscatello giallo, Cacaccione.
Anche in Molise ci fu l'avvento della fillossera, un parassita importato dal Nuovo Mondo e destinato a decimare gran parte degli impianti in Europa. Questo afide, che si insinua nelle radici per succhiarne tutto il nutrimento, non risparmiò la Tintilia: verso il 1919 fece la sua comparsa e iniziò a colpire anche i vitigni molisani. Come nel resto d’Europa, il problema fu risolto utilizzando portainnesti americani.
Fino agli anni ’60 la Tintilia era coltivata nella parte centrale molisana su colline ad un’altezza tra i 250-600m slm. A seguito della bonifica della zona litoranea, a partire dal ’70, la produzione si spostò sulla fascia costiera sfruttando forme di allevamento espanse a tendone. Era il periodo in cui la produzione era rivolta più alla quantità piuttosto che alla qualità, e la Tintilia dovette lasciare spazio a vitigni più vigorosi. Le poche quantità prodotte erano destinate ad integrare vini più scarichi di corpo e colore: appena diraspata l’uva per un terzo era scaldata a 60-65°C in grosse caldaie di rame e poi, tiepida, veniva mescolata alle altre vinacce crude per dare inizio alla fermentazione. Così si otteneva una maggiore estrazione di sostanze antocianiche.
Se oggi possiamo bere un buon bicchiere di Tintilia lo dobbiamo a pochi e tenaci produttori, i quali non hanno mai abbandonato l’idea di realizzare un vino di livello che rispecchiasse la territorialità molisana. La rivalutazione territoriale dal punto di vista vitivinicolo (ricordiamo che l’Italia vanta la più ampia varietà di vitigni al mondo), unitamente ad una controtendenza produttiva che negli ultimi trenta anni vede un’attenzione particolare alla qualità piuttosto che alla quantità, hanno visto nascere realtà che riescono a valicare con successo anche i nostri confini.
Dal punto di vista ampelografico la Tintilia è un vitigno a bacca nera, con grappolo spargolo, alato e con acino piccolo: il vino che ne deriva è molto carico di colore, in genere rosso rubino, con un sentore tipico di liquirizia dolce. E’ un vino rustico ma con una sua eleganza che riflette il terroir.
La DOC Tintilia nasce nel 1998 ed è riservata alle zone site in provincia di Campobasso e Isernia. La resa non deve superare gli 80q/ha, la forma di allevamento deve essere bassa - cordone speronato o gujot - e stabilisce la quota minima di coltivazione a 200m slm. I ceppi debbono essere impiantati con un intervallo di 0,90 e 1,10 m. e i filari devono avere una distanza tra loro che varia tra 2,50 e 2,80m.
Sono previste 3 tipologie di Tintilia:
- Molise Tintilia, che deve avere titolo alcolometrico volumico totale minimo di 11% e estratto secco 18 g/l
- Molise Tintilia Riserva, che deve avere un titolo alcolometrico totale minimo di 12,5% e un estratto secco di 20 g/l e un affinamento obbligatorio di 2 anni di cui 6 mesi in botti di legno.
- Molise Tintilia Frizzante
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